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Fuga dal campo 14

Fuga dal campo 14

Blaine Harden, Fuga dal campo 14, Codice, 2014 

 I campi di lavoro nordcoreani, tuttora funzionanti, esistono da un periodo di tempo doppio rispetto ai gulag sovietici e dodici volte superiore rispetto ai campi di concentramento nazisti. Sulla loro collocazione geografica non ci sono dubbi […] secondo le stime del governo sudcoreano sarebbero circa centocinquantamila i prigionieri rinchiusi nei campi…

Tanta è la letteratura che racconta le vicissitudini dei deportati nei campi nazisti, dei rifugiati politici, dei soldati in guerra, qui però è tutto diverso perché non è nel passato che si svolge il racconto, terribile, angosciante, purtroppo reale, molto reale, ma è nell’oggi. Shin Dong-hyuk è nato nel 1982 in un campo di prigionia nordcoreano, ha vissuto gran parte della sua vita convinto di meritarsi la reclusione, convinto che la prigionia fosse necessaria per debellare il nemico dello Stato. Fin da piccolissimo ha subito ogni tipo di tortura psicologica ma sopratutto fisica, ha visto decine e decine di ragazzi, donne, vecchi, uomini e bambini morire per cause “naturali”, ha provocato la morte della madre, convinto che fare la spia fosse legittimo e necessario. Ha mangiato topi e rane, ha vissuto con gli stessi vestiti per anni, senza biancheria intima. Non aveva accesso all’acqua, né per bere né per lavarsi; non gli era permesso avere amici, confidenti, rapporti o relazioni se non quelle con i capi per favorire la delazione di altri compagni.

Da questo clima di oppressione riuscirà a scappare nel 2002, impiegando quasi due anni per raggiungere gli Stati Uniti, questa è la sua storia brutale, intensa, potente che ci fa sentire tutti colpevoli. Dopo averlo letto non potrete più far finta di niente, sapete la verità.

I love radio rock

I love Radio Rock

Richard Curtis, I Love Radio Rock, UK/Francia/Germania, 2009

 Gli anni passeranno e i politici non faranno mai un cazzo per rendere il mondo migliore, ma in tutto il mondo ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni, e tradurranno quei sogni in canzoni.

Siamo negli anni Sessanta in Inghilterra, il Rock prende piede e diventa anche qui la bandiera della libertà e della ribellione giovanile, contro il potere, contro la tradizione, contro tutto ciò che impedisce la libera espressione umana. Ma per cambiare davvero le cose ci vuole un po’ di tempo e anche un po’ di lotta. Il sistema non accetta di buon grado i cambiamenti repentini che lo mettono in discussione. Di conseguenza il Rock è considerato l’emblema del male, della perversione giovanile, della decadenza del costume e della morale. Proprio per questo le radio che lo trasmettono, le radio libere, vengono messe al bando. Questo film ci racconta la storia di una di queste radio, forse una delle più originali e folli, che trasmette da una nave e che diventa anche la casa dei DJ. Una sorta di comune un po’ folle, dove si condivide soprattutto la passione per la musica, dove nascono rivalità tra i DJ più bravi, dove si professa e si pratica l’amore libero. Una piccola comunità che mette in scacco il potere con la forza del riso dissacratorio e della musica.