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To bring you my love

To bring you my love

PJ Harvey, To bring you my love, Island Records

I was born in the desert/I been down for years/Jesus, come closer/I think my time is near.

(Sono nata nel deserto/sono stata giù per anni/Gesù vieni più vicino/credo che il mio tempo sia vicino).

Sono queste le prime parole di apertura di uno dei migliori album di Pj Harvey, datato 1995, To bring you my love. Un disco intenso, carico di tensione e contraddizione, poetico e onirico. Fin dal primo pezzo, To bring you my love, che dà il nome all’album, ci immergiamo in un universo struggente e graffiante (così come la sua voce), ci sentiamo avvolti da qualcosa di oscuro che ci conduce in un viaggio all’insegna del rock e della sensualità.

Nella copertina dell’album, Polly Jean indossa un vestito rosso, è bella e sorridente, mentre galleggia in una pozza d’acqua. Un’esplorazione del corpo femminile che passa attraverso la sofferenza fino a farsi spritualità carnale, un alternarsi costante tra sacro e profano. Pj Harvey ha affermato di non essere stata molto bene durante la lavorazione di To bring you my love, tanto da dichiarare di essersi sentita “persa come persona”.  E in questo album traspare tutto il suo disagio anche attraverso il corpo. Polly Jean oscilla tra rock e blues in un sound che angoscia e intriga allo stesso tempo. Percorriamo le tenebre per poi incontrare un po’ di luce nel brano C’mon Billy, più energico ma sempre malinconico. Altro pezzo indimenticabile è  Down by the water, che anticipa l’inquietante I Think I’m  a mother e l’implorante Sends his love to me, fino a The Dancer che chiude l’album con una sorta di straziante preghiera.