Tema: STORIA     

Il rogo di Berlino

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helgaschneiderintervista
Nata in Polonia nel 1937, la sua infanzia è stata segnata dall’abbandono dei genitori. Il padre parte per il fronte poco dopo la sua nascita, e la madre, quando Helga ha quattro anni, si arruola, prima come ausiliaria delle SS, poi come guardiana nei campi di sterminio femminili di Ravensbruck e di Auschwitz-Bierkenau. Quando il padre torna dalla guerra e si risposa, la seconda moglie fa rinchiudere Helga e suo fratello in un istituto di rieducazione. Alla fine del 1944, tramite una zia, che lavora al Ministero di Goebbels, viene ricevuta da Hitler nel suo bunker assieme ad un gruppo di bambini, i cosiddetti “piccoli ospiti del Fuhrer”. Per qualche tempo vive col padre in Austria, ma a 17 anni scappa di casa.
Nel 1971 va a Vienna a cercare sua madre, che non aveva più visto da quando l’aveva abbandonata. Ma da quell’incontro Helga esce delusa, ferita, amareggiata, perché la donna è tuttora fiera del proprio passato. La ricercherà 27 anni dopo, quando è una donna ormai molto anziana. Helga, vorrebbe capire come è stato possibile per una mamma abbandonare i propri figli per inseguire un sogno di morte, carico di orrori, senza provarne alcun turbamento. Invano attende una risposta. Solo nel 1995 Helga trova nella scrittura un luogo capace di ospitare le sue laceranti esperienze di vita. Il suo primo libro è Il rogo di Berlino, una sorta di autobiografia in cui racconta la storia della sua infanzia trascorsa a Berlino negli anni bui del nazismo.

 

Bibliografia
Il rogo di Berlino, Adelphi, 1995
Porta di Brandeburgo, Adelphi, 1997
Lasciami andare madre, Adelphi , 2001
L’usignolo dei Linke, Adelphi, 2004
Stelle di cannella, Salani, 2002
L’albero di Goethe, Salani, 2004
Il piccolo Adolf non aveva le ciglia, Einaudi, 2007
Heike riprende a respirare, Salani, 2008

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Helga Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi

Sfiorai con lo sguardo lo spazio vuoto dove avevamo vissuto gli uni sugli altri ammassati come bestie, imponendo al prossimo il nostro odore, il nostro malumore, il nostro egoismo. Eravamo andati oltre il sopportabile, oltre il vivibile, oltre l’immaginabile, oltre le nostre forze, oltre l’umano.

Helga è molto piccola quando la madre decide di arruolarsi nelle SS e abbandonarla assieme al fratellino Peter e al marito anche lui al fronte.
Da quel momento inizia per Helga un vero e proprio inferno. Infatti il padre si risposa e la matrigna ha una forte avversione verso la bambina, tanto da farla rinchiudere in un istituto per “ragazzi strani”, quasi un manicomio per bambini, e in seguito in una sorta di “fattoria rieducativa” dove finalmente trova un po’ di serenità. Ma il peggio deve ancora venire. Helga verrà richiamata a Berlino nell’autunno del ’44, all’età di otto anni, e vivrà per mesi in una città in fiamme bombardata quotidianamente dagli alleati, rinchiusa in una cantina stipata di persone, senza cibo, acqua e qualsiasi cura medica. In questo romanzo la Schnider, raccontandoci la sua biografia d’infanzia, ci offre un punto di vista nuovo e doverso, sulla seconda guerra mondiale, quello dei carnefici. Carnefici a loro volta vittime.
La madre di Helga, arruolatasi nelle SS, assumerà il ruolo di guardiana nel campo di concentramento di Auschwitz, e veglierà, come un grottesco totem, su due tragedie. Il dramma della popolazione civile di Berlino bombardata dagli alleati e quello, ancor più bestiale, degli ebrei sterminati nei campi di concentramento.

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