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Gli spiriti non dimenticano

gli spiriti non dimenticano

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zucconi031

Nasce a Bastiglia, in provincia di Modena, nel 1944. Figlio del giornalista Guglielmo Zucconi, direttore della “Domenica del Corriere” e de “Il Giorno” segue le orme paterne fin da ragazzo. Al Liceo Parini di Milano collabora e dirige il giornalino della scuola, “La Zanzara”. Qui conosce un altro studente e futuro grande giornalista, Walter Tobagi, che convincerà a scrivere per il giornalino. Studia all’Università di Milano, dove si laurea in Lettere e Filosofia. Dopo la laurea diventa giornalista corrispondente dall’estero. È a Bruxelles, a New York, in Giappone, a Parigi, a Mosca durante la Guerra Fredda. Nel 1985 si trasferisce definitivamente a Washington dove tuttora vive e lavora. Collabora con “Repubblica” e Radio Capital, e dal 2007 tiene corsi estivi di storia italiana contemporanea e giornalismo al Middlebury College, nel Vermont. Dal 2002 ha la doppia cittadinanza, italiana e statunitense.

http://zucconi.blogautore.repubblica.it/

Il calcio in testa, Gallucci, 2003
L’aquila e il pollo fritto. Perché amiamo e odiamo l’America, Mondadori, 2008
Il caratteraccio. Come (non) si diventa italiani, Mondadori, 2009

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Gli spiriti non dimenticano, V. Zucconi, Mondadori, 1999

In quel momento, davanti allo steccato di Fort Laramie, davanti al volto muto dello zio condotto via in catene dall’Uomo Bianco al quale non aveva fatto nulla, il ragazzo chiamato Riccetto cominciò a morire. Al suo posto, sarebbe nato un guerriero il cui nome avrebbe fatto tremare la Prateria per trent’anni e la coscienza di tutta l’America bianca per sempre. Cavallo Pazzo.

Zucconi, dopo un’imponente ricerca storica, parte alla scoperta dei luoghi e delle persone che conservano la memoria della vita e della morte di Cavallo Pazzo. Profondamente coinvolto nelle vicende dei Sioux che nel 1876 sconfissero il Settimo Cavalleggeri di Custer a Little Bighorn, il giornalista ci guida alla scoperta di tradizioni, riti e pensieri di un popolo destinato a scomparire. Una storia che pochi hanno saputo raccontare con tale fedeltà e che è ben lontana da quella descritta nella maggior parte dei film western dove gli indiani vengono dipinti come primitivi assetati di sangue. Una storia che cerca però di non dimenticare la complessità dell’essere umano e ci descrive un popolo ben lontano, anche, dalla rappresentazione buonista e un po’ romantica che vuole i pellerossa innocui agnellini sacrificali alla mercé dei bianchi. Zucconi non dimentica mai che gli indiani sono prima di tutto uomini, capaci di violenza e tenerezza, di odio e di amore.

 

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