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Just kids

Just kids

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Sono nata di lunedì nel North Side di Chicago, all’epoca della grande bufera di neve del 1946… secondo il racconto di mio padre vidi la luce che ero un esserino lungo e scheletrico con la broncopolmonite, e lui mi salvò la vita tenendomi al di sopra di una tinozza fumante.

Molto spesso malata, Patti passa gran parte della sua infanzia a letto, ma questo non la scoraggia. Le tante storie che la madre le racconta e che poi lei stessa legge la salvano, ma a salvarla sono anche le sorelle e il fratello, sempre presenti. Perché Patti è una cantastorie, al liceo scrive poesie e racconti incitata dai suoi stessi insegnanti, che già intravedono una luce diversa in quella magrissima e disobbediente adolescente. L’anno del grande cambiamento è il 1967 quando si trasferisce a New York “una città vera, sfuggente e sensuale” dove incontra un giovane che le sarà amico per tutta la vita: Robert Mapplethorpe.

Vive con pochi dollari al giorno, dormendo in metropolitana o sulle scale esterne degli edifici. Per anni lavora come commessa in un negozio di libri, critica di una rivista musicale, drammaturga e “quasi” attrice, continua però a scrivere, il suo è un tormento interiore, una “bestia” che non la lascia mai.

A ventotto anni entra nel mondo della musica, dapprima con timidi readings di poesia e suoni, poi con singoli di etichette indipendenti e infine con l’album Horses (1975) che fa letteralmente epoca per la voce passionale e inebriata e la visionaria qualità. Da quel momento è in ascesa, i suoi sogni si realizzano facendole guadagnare il soprannome di ”sacerdotessa maudit del rock”.

Discografia

Horses, 1975
Radio Ethiopia, 1976
Easter, 1978
Wave, 1979
Dream of Life, 1988
Gone Again, 1996
Peace and Noise, 1997
Gung Ho, 2000
Trampin’, 2004
Twelve, 2007
Banga, 2012

Bibliografia

Il sogno di Rimbaud: poesie e prose 1970-1979, Einaudi, 1996
Mar dei Coralli, Bompiani, 1996
Complete: canzoni, riflessioni, diari, Sperling & Kupfer, 2000
Presagi d’innocenza, Frassinelli, 2006
Just kids, Feltrinelli, 2010

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Patti Smith, Just kids, Feltrinelli, 2015

Da lui ho imparato che la contraddizione è spesso la più limpida forma di verità.

 In queste memorie c’è il racconto di due vite che si sono incontrate e amate, che hanno perso delle battaglie ma vinto poi la guerra e infine che hanno realizzato un sogno dal nulla, cambiando per sempre la storia del rock e della fotografia. Patti Smith e Robert Mapplethorpe si incontrano per caso a New York, poco più che ventenni, nell’estate del 1967, hanno poco in tasca ma dalla loro hanno la giovinezza, spudorata, sgraziata e maledetta. Vivono un po’ per strada, mangiano molto poco, campano di lavoretti e inseguono l’Arte. Chiacchierano di letteratura, quando possono vanno al cinema o a vedere delle mostre, ascoltano musica e continuano a crescere. Non sanno esattamente ciò che diventeranno ma sanno che il successo per loro arriverà, sarà bruciante e fulmineo per Robert, costante e metodico per Patti. I due si amano da buoni amici, si perdono per strada ma poi si ritrovano; il fermento di quegli anni si sente: l’allunaggio, l’assassinio di Martin Luther King, il grande concerto di Woodstock…

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